Esiste un’Europa selvaggia, al di là del mare. Un continente immenso, dilaniato da secoli di colonialismo e sfruttamento, da dove ogni anno partono milioni di persone in cerca di fortuna e dove altri accorrono per tentare di aiutare i bambini dalla pelle bianca. Non se la passano bene, questi bambini, abituati a vivere in mezzo alla guerra e alla povertà estrema. Anche se si dice che non abbiano mai freddo. È un mondo al contrario, quello che descrive Nogaye Ndiaye nel suo “Universo parallelo”, arricchito dalle illustrazioni di Miriam Panieri. Un universo in cui le vittime del razzismo sono bianche. Un’invenzione, un gioco che ci aiuta a comprendere i meccanismi attraverso i quali agiscono i doppi standard e le discriminazioni. In questo racconto a episodi l’autrice ribalta, con tono ironico, esperienze reali di ordinaria discriminazione per spiegare cosa significhi battersi quotidianamente per l’uguaglianza di tutte e tutti.
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A partire dalla metà del XX secolo, con una forza crescente, sono state espresse critiche e proposte politiche che invitano a ripensare in modo radicale la storia degli ultimi secoli e le gerarchie su cui si sono fondati i sistemi di dominio. È un insieme di teorie che ha fatto irruzione nel campo delle scienze sociali e della teoria politica, rivendicando modi di interpretare il mondo, ha animato movimenti politici e sociali, ha mostrato come la violenza brutale dell’esperienza coloniale sia stata fondamentale per la costruzione della modernità capitalista. Con il termine pensiero decoloniale si può indicare ormai questo insieme di idee e teorie che sono nate in aree differenti e che stanno contribuendo a ridefinire anche la grande crisi planetaria degli ultimi decenni. È un pensiero che tende costantemente a ridefinirsi, cerca spazi innovativi e si reinterpreta continuamente, per questo è più facile definirlo come un processo, non come un campo classico di studi o una corrente di ricerca. Il pensiero decoloniale ci propone di immaginarci oltre i nostri limiti storici, di collocarci in un tempo e in uno spazio sociale differenti da quelli attuali, di costruire un mondo liberato dalle forme di oppressione.
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Questo volume propone una ricognizione delle teologie del Sud globale – africana, asiatica, latinoamericana, indigena e afroamericana – collocandole nei loro contesti ed evidenziandone le tendenze più significative: femminista, ecologica, liberazionista… Sono teologie emergenti, controegemoniche e generatrici di discorsi alternativi che cercano di rispondere alle grandi sfide attuali: colonialismo, patriarcato, razzismo epistemologico, capitalismo, depredazione della natura, crisi della democrazia, fondamentalismi. Queste teologie – niente affatto secondarie – attraversano le vie dello scambio interculturale, interreligioso, interetnico e interdisciplinare. Scrive Tamayo, che è uno dei teologi spagnoli più riconosciuti a livello internazionale, specie per quanto attiene all’analisi del fenomeno religioso da una prospettiva critica. «Gli itinerari di dialogo che ho percorso mi hanno svegliato dal sonno dogmatico, mi hanno liberato dall’innocenza culturale, mi hanno smosso dalla comoda posizione nella Modernità europea, mi hanno aperto nuovi orizzonti epistemologici». Ecco allora qui una innovativa proposta di cambio di paradigma nella narrazione teologica, che mette in discussione l’eurocentrismo e tiene conto della diversità di scenari geoculturali, politici e religiosi.
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La decolonizzazione ha fallito, pertanto una decolonialità è quanto mai necessaria e urgente. Il potere coloniale e la colonialità sopravvivono nelle gerarchie economiche, razziali, di genere, in un sistema che vuole rendersi invisibile e che ormai il mondo intero ha introiettato come “naturale”. Il sottile dominio della colonialità ha preso il posto del colonialismo come ordine politico: matrice di un pensiero e di una civiltà – la cosiddetta “modernità” occidentale – che non si concepiscono come particolari, storicamente dati, ma come universali e superiori. Una civiltà che si arroga il dovere morale di civilizzare i barbari; dunque di negare a costo della violenza «saperi, soggettività, percezioni del mondo e visioni di vita» alternative ovunque sorgano, nelle ex colonie come nello stesso Occidente. Da trent’anni, gli studi e le pratiche decoloniali costruiscono un futuro diverso. Walter D. Mignolo e Catherine E. Walsh, esponenti di spicco della decolonialità a livello internazionale, lavorano alla liberazione dell’immaginario, riscoprendo nell’Altro l’«imprevedibilità rivoluzionaria» e coltivando un «border thinking» che esca dall’orizzonte concettuale della modernità: «Gli strumenti del padrone non distruggeranno mai la casa del padrone». Decolonialità è un testo decisivo per accedere a uno dei dibattiti più accesi della contemporaneità; per riflettere sul senso di inferiorità che anche il nostro Occidente “periferico” ha interiorizzato in decenni di subordinazione culturale; per adottare modelli sociali tanto lontani dallo Stato-nazione quanto dal globalismo del consumo, seguendo la via delle comunità che hanno già fatto vivere la decolonialità «come un’opzione, una prospettiva, un’analitica, un progetto, una prassi».
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Impariamo dagli intellettuali del Sud del mondo a distinguere il colonialismo, come fenomeno storicamente finito, dalla colonialità come progetto egemonico cognitivo ancora attuale, rappresentando il lato oscuro della modernità. Esiste, infatti, una “cartografia coloniale” con cui ancora si guarda a sud. La pratica coloniale di ieri e di oggi è responsabile di molti epistemicidi culturali e religiosi. Se occorre impegnarsi per una giustizia epistemica, serve anche riconoscere quelle spiritualità marginali e quegli spazi religiosi alternativi quali esperienze che aiutano a decolonizzare la fede. I cristianesimi decoloniali ricordano che le religioni sono cammini non tanto per salvare l’uomo con l’offerta della sospensione dalla condizione umana, ma per salvare proprio la condizione umana e il suo significato ancora qui sulla terra. Il futuro dell’ecumenismo, in prospettiva decoloniale, sarà macro-ecumenico.
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“Sul Limite” è la lettera pastorale 2025 di mons. Domenico Pompili vescovo di Verona. Il limite viene inteso non come condanna, ma vocazione e propone una “pedagogia dell’imperfezione” che riconosce nella fragilità la condizione in cui la grazia può manifestarsi più autenticamente. Monsignor Pompili traduce la riflessione teorica in proposte pastorali concrete, delineando una “ministerialità del limite” che valorizza l’esperienza di chi ha attraversato fragilità traendone risorse per accompagnare altre vite. Sul piano strutturale, si prospettano nuove forme comunitarie: parrocchie organizzate in rete, “comunità matrici” che sostengono territori più ampi, case di spiritualità che integrano contemplazione e diaconia». La Lettera propone inoltre la “conversazione spirituale”, già sperimentata nel Cammino Sinodale della Chiesa italiana, come strumento permanente di discernimento comunitario per trasformare i conflitti in opportunità di crescita.
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Il testo ripercorre la vita di fratel Luc, trappista, medico e martire. Figura chiave della comunità dei monaci di Tibhirine, fu ucciso nel 1996 dai rapitori islamisti durante la guerra civile algerina. Per cinquant’anni ha curato e aiutato la popolazione locale nel suo dispensario, diventando punto di riferimento per cristiani e musulmani. La sua vita racconta una fede vissuta in semplicità e coraggio. Una testimonianza di speranza cristiana anche per oggi.
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Francesco Patton, francescano, dalla primavera del 2016 Custode di Terra Santa, ha iniziato una missione che ha cambiato radicalmente il corso dei suoi giorni. E che merita di essere raccontata, poiche´ aiuta a conoscere dettagli della vita in quella terra che spesso rimangono nascosti. Perche´ la Terra Santa non si puo` mai dire di conoscerla abbastanza. E perche´ il cammino lungo quelle pietre rimane una delle esperienze spirituali piu` potenti che un cristiano possa compiere. Roberto Cetera, inviato in Medio Oriente per l’Osservatore Romano, in questo intenso dialogo con il Custode ripercorre gli anni del suo lungo mandato. Anni segnati da eventi importanti, talora tragici, che nel suo ruolo Patton ha saputo affrontare con dedizione e coraggio, senza perdere l’umilta` che lo ha sempre contraddistinto. Ne scaturisce un ritratto autorevole della realta` mediorientale, fatta di controversie sociali, conflitti e rivalita` interreligiose, ma anche di passione e tanta speranza. Perche´ dopotutto la Terra Santa non e` una terra qualunque: c’e` un magnetismo in quelle pietre, che la ragione non riesce a comprendere, e che ha segnato un punto di svolta nella vita di molti. Prefazione di Papa Francesco Introduzione di Massimo Fusarelli, Ministro generale dei Frati Minori.
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Il volume si presenta come uno strumento di natura teologico-pastorale ed evidenzia un accostamento “sistematico” tra missione e sinodalità, particolarmente significativo nell’attuale contesto ecclesiale.
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Mai come oggi le guerre occupano il nostro presente. È urgente rilanciare il pensiero e il movimento pacifista. Nel dibattito pubblico e tra i nostri simili. Quest’antologia contro la guerra raccoglie teorie, pratiche e testimonianze del pacifismo, dell’obiezione di coscienza e della disobbedienza civile. Testi filosofici, religiosi e giuridici, insieme a narrazioni e poesie di uomini e donne in diverse epoche e culture.
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